LA REGOLAZIONE DELL’ALBERO
Per la maggior parte di voi le informazioni riportate in questo testo risulteranno già da tempo acquisite al proprio bagaglio tecnico; per altri possono costituire spunti di riflessione utili per la regolazione dell’albero del proprio Flying Junior; altri ancora le troveranno divergenti dalla proprie convinzioni.
In ogni caso quanto di seguito esposto è soltanto l’espressione del mio desiderio di portare in condivisione con tutti voi le esperienze acquisite in tanti anni di vela agonistica e non.
In gioventù ho avuto la grande opportunità di far parte di un equipaggio di professionisti a bordo del prestigioso IV classe IOR “Botta Dritta III”, un prototipo uscito delle matite e dalle idee dello studio di progettazione Fontana-Maletto-Navone, vincitore di 3 titoli italiani e un titolo mondiale.
In quel fantastico equipaggio il mio ruolo era proprio quello dell’uomo d’albero; il resto dell’equipaggio era composto da velisti di grande rango.
Per la preparazione al mondiale del 1988 al timone si sono alternati Pietro D’Alì e Lorenzo Bortolotti che era anche il nostro Team Manager nonché partner della veleria Notrh Sails; a prua c’era Giuli Romanengo che era stato il prodiere di “Azzurra” in una campagna di coppa America; Il tattico era Patrik Phelipon col suo enorme bagaglio di regate oceaniche. Insomma tutta gente da cui c’era tantissimo da imparare.
Io ero il marinaio, quello che trasferiva la Barca da un porto all’altro del Mediterraneo e ne curava la manutenzione, quello che la doveva far trovare pronta prima di ogni regata.
Ero onorato di vivere in simbiosi col “Botta”.
Durante le regate facevo l’uomo d’albero, e confesso che all’inizio non sapevo neanche in cosa esattamente consistesse il mio compito, ma con tali maestri ho imparato presto che quel ruolo, apparentemente di scarso rilievo non era limitato alla manovra delle drizze di genoa e spinnaker ma era invece fondamentale per garantire alla barca la velocità e la potenza ottimali in ogni condizione.
Quelle barche avevano alberi sottilissimi con armamento frazionato, due o tre ordini di crocette e sartie non acquartierate (con la base sulla stessa asse trasversale dell’albero).
La flessione dell’albero veniva definita dando tensione statica alle sartiole del diamante (statica neanche troppo visto che, soprattutto Lorenzo, mi faceva salire in testa d’albero tra una regata e l’altra per modificarla); ma soprattutto regolando dinamicamente in continuazione durante la regata le sartie volanti alte e basse e il paterazzo.
La regolazione di tutte queste manovre correnti serviva per dare all’albero la giusta curvatura e allo strallo di prua la tensione adeguata.
Insomma, se Pietro con il timone e la scotta della randa gestiva “l’acceleratore” io avevo in mano “la leva del cambio”.
Avevo in mano la leva del cambio perché con le regolazioni di mia competenza, agendo sulla tensione dello strallo di prua e sulla flessione dell’albero, potevo ingrassare o smagrire le vele dando potenza o velocità alla barca.
POTENZA E VELOCITA’
Prima di arrivare al nostro caro Flying Junior ho voglia di farvi un altro esempio prendendo in prestito la tecnologia aeronautica.
Probabilmente vi sarà capitato di fare un viaggio in aereo ed avere il finestrino che invece di farvi godere del panorama dall’alto si trova proprio sopra le ali.
Sicuramente il vostro cuore di velisti vi avrà fatto notare come il pilota durante il decollo modifichi la forma delle ali.
Quando l’aereo è sulla pista pronto a dare potenza ai motori, il pilota fa uscire gli “Slat” (quelle appendici che sono nella parte anteriore delle ali, e i “Flap” (altre appendici che si trovano nella parte posteriore delle ali).
Flap e Slat sono orientati verso il basso e, oltre ad aumentare la superfice delle ali ne aumentano la convessità.
Il pilota regola le ali in questo modo perché ha bisogno della massima potenza per far decollare l’aereo.
Una volta che l’aereo è in volo e la sua velocità aumenta la convessità dell’ala non solo non è più utile ma è anche dannosa in quanto può generare moti vorticosi nella parte superiore dell’ala tali da compromettere lo scorrimento laminare dell’aria e provocare un possibile stallo.
Il pilota dunque ritrae Slat e Flap e diminuisce la convessità dell’ala rendendola meno potente e più adatta alla velocità.
Nelle nostre barche non abbiamo la possibilità di aumentare la superfice delle vele ma possiamo facilmente modificarne la convessità.
DARE POTENZA AL FIOCCO
Per rendere il fiocco più convesso e quindi più potente è necessario diminuire la tensione sullo strallo in modo che possa avere in po’ di catenaria (curvatura) – questo equivale all’estensione degli Slat dell’esempio che precede; portare avanti il punto di scotta ed aumentare la tensione della stessa – questo equivale all’estensione dei Flap nell’esempio che precede.
DARE POTENZA ALLA RANDA
Per rendere la randa più convessa e quindi più potente è necessario diminuire la flessione dell’albero – questo equivale all’estensione degli Slat dell’esempio che precede; lascare un po’ la base e aumentare la tensione sulla scotta – questo equivale all’estensione dei Flap nell’esempio che precede.
POTENZA O VELOCITA’
Quando ero al mio posto sul “Botta” avevo in mano la leva del cambio…!
Al pari di un autoveicolo che ha bisogno di potenza quando parte o quando è in salita, anche il “Botta” aveva bisogno di potenza nelle fasi di accelerazione (per esempio dopo ogni virata) o sulle onde (che non sono altro che le nostre salite).
Dopo ogni virata, rispetto alla corretta regolazione di navigazione, era necessario dare minore tensione alla volante alta (quella antagonista allo strallo) per dare potenza al fiocco; e maggiore tensione alla volante bassa (quella a metà albero) per raddrizzare l’albero e dare maggiore potenza alla randa.
Mano mano che la barca accelerava bisognava aumentare la tensione della volante alta per smagrire il fiocco e diminuire la tensione della volante bassa per smagrire anche la randa.
Analogamente, nel caso in cui aumentasse il moto ondoso, era necessario agire sulle volanti per aumentare la potenza della barca.
All’inizio è stata dura entrare in sintonia con Pietro o Lorenzo, loro grandi campioni ed io grande pippone che non riuscivo a dare alla barca la potenza che volevano, ma poi, soprattutto i loro sorrisi sono stati per me il segnale che almeno questo avevo cominciato a capirlo.
Ma soprattutto lì ho capito quanto importante fosse la regolazione dell’albero.
E SUL FLYING JUNIOR COME SI FA?
Ed ora veniamo al dunque!
Sulle nostre bellissime barche non abbiamo tutte le manovre che consentono queste regolazioni, e soprattutto spesso quelle che abbiamo non ci consentono regolazioni dinamiche, ossia semplici da eseguire durante il corso della regata o anche solo in navigazione.
Dovremo quindi decidere a terra alcune cose fondamentali che riguardano prevalentemente il nostro albero.
Le modifiche che possiamo fare sono di piccola entità ma non bisogna per questo sottovalutarle.
La prima domanda che è necessario porsi è:
nella regata di oggi avrò bisogno di vele potenti o di vele veloci?
Il Flying Junior è una barca leggera ma è anche poco invelata, quindi ci sono delle situazioni in cui bisogna avere vele potenti.
Questo succede quando sul nostro campo di regata ci sono onde e il vento è leggero o medio.
In questo caso per evitare di rallentare ad ogni onda che passa sotto la chiglia è necessario disporre di adeguata potenza.
Avremo bisogno di vele veloci, e quindi magre, quando non ci sono onde e il vento è leggero o medio, oppure quando il vento è forte anche in presenza di onde.
Per capire quando cominciare a depotenziare le nostre vele in relazione all’aumento del vento dobbiamo prendere confidenza con il concetto di velocità di carena e soprattutto di velocità di carena critica.
Se guardiamo una barca che accelera noteremo che all’inizio genera tante onde lungo la propria linea di galleggiamento; il numero di queste onde diminuisce con l’aumentare della velocità della barca, fino ad arrivare al momento in cui ci saranno solo due onde: una sotto la prua e una sotto la poppa.
In questo momento la barca avrà raggiunto la sua velocità di carena critica, ossia la sua velocità massima.
Per superare questa velocità è necessario che la barca abbia una potenza tale da iniziare a planare.
La barca plana quando riesce a salire sulla propria onda di prua ed ha una spinta tale di rimanervi sopra, come il gommone della figura che segue.
Da questo momento in poi la velocità della barca non ha più limiti, dipende solo dalla spinta che saremo in grado di far sviluppare alle nostre vele.
Io non ho mai visto un Flying Junior planare di bolina stretta, comunque se qualcuno è riuscito a farlo non ha sicuramente bisogno delle indicazioni che seguono.
Dunque quando la barca in navigazione di bolina ha raggiunto la propria velocità di carena critica non riuscirà ad aumentarla, qualunque sia la potenza che verrà sviluppata dalle vele.
Quindi, poiché in natura “nulla si crea e nulla si distrugge” la potenza eccessiva che non può generare avanzamento verrà scaricata in sbandamento, con la conseguente repentina tendenza della barca ad andare all’orza e la necessità di riportarla in rotta con l’azione sul timone, che, come tutti sappiamo, costituisce sempre un freno.
Quindi, anche se la presenza di onde richiede potenza, quando la barca ha raggiunto la propria velocità di carena critica è opportuno smagrire le vele.
Ma come si fa a capire quando è il momento giusto per iniziare a farlo?
Beh, questo dipende da tanti fattori, sostanzialmente fin quando si riesce a tenere la barca piatta è utile mantenerla potente perché comunque le onde ci sono e più potenza avremo e meno subiremo rallentamenti quando le affrontiamo.
Un equipaggio leggero potrà sostenere meno potenza di uno pesante ma non è detto che questo lo penalizzi.
Sarà costretto a smagrire prima ma in questo modo la barca sarà più agile e riuscirà a serpeggiare meglio tra le onde guadagnando al vento in ogni cavo d’onda.
Tutto sta alla sensibilità dell’equipaggio.
DALLA TEORIA ALLA PRATICA
Fin qui sono solo parole, ma in pratica che si deve fare?
Vi dirò cosa facciamo io e la mia prodiera, ma fin ora abbiamo vinto poco e quindi le indicazioni che seguono spero siano a breve confermate, implementate o confutate da quelli che vincono più di noi.
Il tutto al fine di migliorare la performance e il livello tecnico generale della Classe intera per rendere le nostre regate più equilibrate e divertenti.
Ci sono un paio di cose che valgono sempre indipendentemente dalla forma da dare alle vele.
La tensione dello strallo deve essere sempre tanta, almeno 120 Kg.
La nostra barca è leggera ma in alcuni casi ha bisogno di potenza a prua, lo strallo che fa catenaria comporta che il grasso che si forma lungo l’inferitura genera un più ampio angolo di incidenza del vento con l’unico risultato apprezzabile di farci perdere qualche grado di bolina.
Quando serve, Il fiocco va potenziato in altri modi. Quindi niente catenaria…
LA PREFLESIONE DELL’ALBERO
La forma dell’albero del Flying Junior (ma anche di tute le derive simili) viene determinata dalla posizione e dalla spinta che viene applicata in 4 punti , che diventano sei quando viene issata e regolata la randa.
I quattro punti statici sono:
Il piede; La mastra; le crocette; l’attacco dello strallo.
I due punti dinamici sono:
la trozza del boma; la penna.
Il piede, una volta che è stata decisa la sua posizione sta lì fermo.
Proviamo ad immaginare che reazioni avrà alla tensione della ghinda un albero privo di crocette e di mastra.
Con l’aumentare della tensione l’albero inizierà a flettersi in modo incontrollato, sia in senso longitudinale che trasversale.
Più verrà aumentata la tensione e più aumenterà la flessione.
Se nel sistema si inserisce la mastra (senza zeppe o ritenuta) l’albero non fletterà più trasversalmente ma, non avrà alcuna limitazione alla flessione in senso longitudinale.
Per regolare la flessione longitudinale dell’albero dall’attacco dello strallo in giù è necessario inserire nel sistema anche le crocette.
Queste costituiscono un terzo punto fermo per la definizione della forma dell’albero.
Per avere la massima efficacia le crocette (balumina del fiocco permettendo) dovrebbero essere posizionate nel punto medio tra l’attacco dello strallo e la mastra.
L’apertura e la chiusura delle crocette determina la curvatura che avrà l’albero sotto la tensione della ghinda.
Le crocette servono ad impedire che sotto la tensione della ghinda l’albero fletta liberamente.
Tanto maggiore è la chiusura delle crocette tanto maggiore sarà la preflessione dell’albero sotto la tensione della ghinda.
Per rendere il sistema ancora più stabile, a questo punto si possono inserire le zeppe o mettere in forza la ritenuta dell’albero alla mastra.
Per facilità di trattazione vi dico di che la ritenuta della mastra in questa fase deve essere messa in forza quanto basta ad evitare che l’albero fletta (vedi oltre).
Qualsiasi tensione ulteriore non provoca effetti sensibili sulla forma dell’albero se non una inutile spinta indietro applicata sul piede.
In merito alla lunghezza delle crocette è necessario affrontare un discorso molto articolato che credo si possa sintetizzare in questo modo: una volta definita l’ottimale apertura delle crocette la loro lunghezza si deve determinare in modo tale che, con l’attrezzatura in tensione la sartia non eserciti sulla crocetta un’inutile spinta verso prua o trazione verso poppa.
Dunque, con l’albero sotto la tensione della sola ghinda, la preflessione è data dal punto dove sono innestate le crocette nell’albero e dalla loro apertura.
È importante ricordare che la parte alta dell’albero, quella sopra l’attacco dello strallo, in questa fase non subisce l’effetto di alcuna tensione ed è quindi dritta.
La regolazione di piede, crocette, ghinda e mastra consente di dare all’albero la preflessione che vogliamo: poca preflessione = randa grassa (potente); molta preflessione = randa magra (veloce).
Per andare in acqua è però necessario issare le vele J
Quando la randa è a riva e si comincia ad agire sulle manovre correnti, specialmente sulla scotta e sul vang, vengono applicate ulteriori forze nel sistema che hanno il loro punto di applicazione prevalentemente sulla testa dell’albero e sulla trozza del boma.
La parte dell’albero al di sopra dell’attacco dello strallo è libera e quindi reagisce alla tensione di scotta e vang flettendosi.
Per rendere tale flessione omogenea per tutta l’altezza dell’albero si può allentare la tensione sulla ritenuta dell’albero alla mastra o togliere una zeppa.
Tale azione, sebbene limitata dalla presenza delle crocette, consente di aumentare la preflessione dell’albero e smagrire ulteriormente la randa.
Quindi la tensione sulla scotta della randa e sul vang, e il rilascio della ritenuta dell’albero alla mastra consentono di aumentare la preflessione dell’albero e conseguentemente di smagrire la randa.
Al contrario, l’utilizzo inverso delle predette manovre correnti non consente di diminuire la preflessione dell’albero.
La sola manovra che potrebbe essere utile per il raggiungimento di questo obiettivo, l’aumento della tensione sulla ritenuta dell’albero alla mastra, essendo contrastata dall’orientamento delle crocette, produce risultati assai limitati.
Certo ci sono altri modi per dare profondità alla vela, ma non modificando la preflessione dell’albero, non consentono di recuperare il “grasso” che quest’ultima ha letteralmente divorato.
Io preferisco avere l’albero con la preflessione minima consentita dal velaio.
Se avrò bisogno di diminuire potenza perché il vento è aumentato potrò farlo eseguendo le predette regolazioni di scotta, vang e ritenuta dell’albero alla mastra.
Quando ero l’uomo d’albero del “Botta” avevo tantissime opzioni per modificare la forma dell’albero e la tensione dello strallo durante la navigazione.
Sul Flying Junior ne ho pochissime e quasi tutte limitate alla fase di mesa a punto della barca a terra.
Sul “Botta” bisognava essere molto reattivi e in assoluta sintonia con il tailer e il randista. Sul Flying Junior bisogna essere previdenti e trovare i giusti compromessi nella messa a punto.
Due attività diverse ma governate dalle stesse regole di aerodinamica ed idrodinamica.
E con ciò chiudo e con il sincero augurio di buon vento a tutti gli FJ sailors, vi do appuntamento al nostro prossimo Campionato Italiano di Porto San Giorgio!
Firenze, 14 giugno 2018
Sante Marino