Ben otto FJ di cui sei FLYING JUNIOR GALETTI, costruiti tra il 1972 e il 1990, tutti di legno, tutti di cantieri famosi e tutti in splendida forma !
Carlo B. mi ha concesso di pubblicare alcune pagine tratte dal suo ” Diario delle Barche ” una bellissima storia di una famiglia appassionata di vela.
Passo quindi il timone a Carlo quando aveva otto anni . . . .
MIAGOLA IL MIO PRIMO FLYING JUNIOR GALETTI
<< Avevo circa otto anni quando fui issato a bordo del dinghy del mio babbo, fu così che iniziai a prendere confidenza con la barca; ogni volta che era possibile veleggiavo con il mio babbo nel periodo delle vacanze estive.
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Poi all’età di undici anni, il babbo e la mamma mi lasciavano andare da solo fino alle boe, così da poter controllare a vista quello che facevo.
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Passai al primo Flying Junior Alpa intorno ai 13 anni ed insieme ad un mio compagno di scuola decidemmo per gioco di partecipare alle regate, pur senza esperienza.
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In seguito compresi che mi occorreva una barca più competitiva e che mi il mio desiderio era quello di avere un FLYING JUNIOR GALETTI; mi serviva per partecipare alle regate al pari degli altri equipaggi.
Dissi al babbo di avere questo desiderio, cosa che la mamma lo aveva già capito.
Anche loro si erano accorti che quegli scafi facevano la differenza.
Certo non si poteva comprare nuovo, ci sarebbe voluta un’occasione e l’occasione arrivò.
Un giorno il babbo mi portò a Città Giardino a Viareggio, il proprietario ci mostrò la barca, che era nel suo garage, coperta con due teli colore arancione un po’ sbiaditi, uno sopra e l’altro sotto.
Quando venne sollevato il primo mi brillarono gli occhi, era un Galetti con la coperta di un colore biondo come il miele.
Poi tolse il telo che fasciava lo scafo: era verniciato nero lucido con una bella fascia bianca caratteristica del cantiere.
Era bellissima !
Ci avevo lasciato gli occhi come fosse la cosa più bella del mondo.
Ancora ricordo quel momento e quanto ero emozionato.
Non so come il babbo riuscì a comprarla, non era un gran momento, ma lo fece lo stesso e me la regalò.
Subito informai Massimo per come ero contento. La barca fu portata al Bagno Vittoria e venne subito armata.
Gli scafi Galetti presenti in Versilia erano tutti molto belli ma questo era davvero particolare.
Era l’anno 1974 avevo il mio primo FLYING JUNIOR GALETTI!
La barca si chiamava “Mimmina” il nome non mi piaceva, avrei voluto cambiarlo ma non sapevo come.
Alla fine la mamma trovò la soluzione e disse : ” chiamiamola MIAGOLA”.
Io rimasi un po’ sorpreso e perplesso perché non capivo la relazione tra la barca e questo strano nome, ma la mamma dette la spiegazione: siccome per avere questa barca è stato tutto un miagolio, le era sembrato giusto chiamarla “MIAGOLA” e così fu.
La mamma che sapeva dipingere molto bene, armata di pennellino, realizzò a mano libera la scritta del nome in corsivo sullo specchio di poppa al lato destro, mentre a sinistra pennellò il musino stilizzato di un gatto che poi è diventato il mio logo.
Il Miagola aveva il numero velico FJ ITA 2633, costruita nel 1972 dal cantiere di Peschiera del Garda.
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Era magnifica e con il particolare della verniciatura nera lucida con fascia bianca che era un azzardo per una barca di quattro metri, ma risultava avere un fascino particolare.
Ebbe inizio una nuova estate di regate; era giunto il momento di provare il MIAGOLA.
Aveva un passo straordinario, anche il suono dello scafo che scivolava sull’acqua era diverso, si differenziava dal vecchio Alpa per il timone morbido e reattivo e lo scafo era rigido sull’onda.
Dopo qualche anno mi capitò l’occasione di comprare un secondo Flying Junior Galetti con il doppio fondo e la mamma mi costrinse a vendere il mio primo Galetti.
Questa barca è passata attraverso due proprietari, finchè dopo circa quaranta anni è tornata in famiglia !
Da anni sapevamo che al bagno King sull’invaso sbiadito dal tempo, c’era il mio primo MIAGOLA; il telo sbiancato, due fortunali che avevano rotto in due punti il suo albero.
La barca per anni era stata sotto il sole da giugno a settembre esposta al libeccio e al maestrale sempre immobile sulla sabbia, come abbandonata.
Era stata verniciata di bianco con una fascia colore celestino sottobordo non sembrava più la stessa barca che il babbo mi aveva regalato.
Ci rimanevo male quando, passeggiando in spiaggia, la incrociavo con lo sguardo, così che più di una volta avevo chiesto al proprietario se poteva vendermela.
Ma niente da fare, sempre la stessa risposta ogni estate.
Alla fine mi ero anche stancato e, quando passeggiavo in spiaggia lungo la battigia, spostavo lo sguardo, avevo la sensazione che la barca mi chiedesse aiuto, come chiedermi di riprenderla con sé.
Ma un giorno però mio fratello Francesco mi disse che ci avrebbero venduto la barca!
Andammo sul posto e tolto il telo esaminammo la barca da vicino; ero perplesso ed a Francesco dissi che io non me la sarei sentita di recuperarla ; ovviamente non mi ascoltò, fece l’assegno e portò il vecchio Miagola al Club Velico trainata a mano lungo la riva con suo figlio Federico a bordo.
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Iniziò una seconda vita di questo Flying Junior, prima con dei piccoli lavori di sostituzione ed incollaggio del lamellare in mogano per fermare le fessurazioni create dal tempo, poi con un lavoro che ha visto impiegare colle epossidiche, vernici, viti, lamellare in mogano e tutto l’occorrente per riportarla il più possibile allo splendore originale.
Finalmente restaurata tutto era pronto per il nuovo varo.
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Io mi trattenni dal salire in barca e prendere il timone, preferii lo facesse mio fratello nonostante mi avesse invitato a farlo per primo ed ho guardato con emozione il MIAGOLA che nuovamente veleggiava.
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Per la barca era finita quella trascuratezza cui era stata sottoposta e il tempo speso per sistemarla è stato da parte mia come un atto riparatore nei confronti di questa barca che avevo tanto desiderato da ragazzo.
In settembre il MIAGOLA ci fu chiesto da una casa di moda americana per realizzare un servizio fotografico al Forte dei Marmi.
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MIAGOLA II
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Il secondo Galetti venne costruito nel 1975, numero velico ITA 3397.
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Aveva caratteristiche diverse dal primo scafo, più possibilità di settaggio anche in navigazione, più performante con vento teso grazie alla mastra, aveva la regolazione della ghinda, delle sartie, insomma tutti aspetti del piano di coperta che ne facevano una super barca da regata.
Intanto la mamma mi fece notare che era un po’ troppo per un ragazzo della mia età avere due barche sulla spiaggia, così mi convinse che fosse giusto vendere il mio primo MIAGOLA.
Del resto mi resi conto di essere sempre a bordo del MIAGOLA II e poi in inverno non sapevamo dove ricoverarle.
Non so in quei giorni se mi fossi mai veramente pentito di averla venduta, forse in quel momento non ci avevo pensato bene che magari l’avrei dovuta tenere per il fatto che era un regalo del babbo, la mia prima vera barca da regata . . .
Il destino ha voluto però che tornasse a me dopo 40 anni !
Il nuovo MIAGOLA II era una novità assoluta per me, costruito con il doppio fondo ed un piano di coperta moderno.
Negli anni successivi dovetti fare una riparazione alla coperta in prua, in seguito venne sostituita l’intera coperta con un nuovo foglio di compensato di mogano e fu verniciato lo scafo nel suo colore originale.
Mi affidai ad una persona capace e con esperienza e la barca tornò ad essere come nuova.
Con questa barca ho regatato per molti anni in Versilia alternando vacanze e regate ogni volta che potevo.
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La barca aveva ancora l’armo originale del cantiere, albero e boma in legno e manovre originali.
Decisi di trasformarla da armo classico in barca aggiornata da competizione, una trasformazione che nella sostanza ha rivisitato le manovre e le regolazioni, rendendola più competitiva.
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Dopo molto tempo l’ho messa in acqua nel 2013 in occasione di una nazionale a Porto San Giorgio che si svolgeva l’8 e 9 giugno.
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Spesso scendo in garage, tolgo il telo e la guardo: è bella, il mogano brilla e quasi temo si sciupi ad entrare in acqua.
La barca oggi ha 42 anni di vita ma so che continuerà a mantenere il suo fascino.
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Proprio in questi giorni ho terminato la nuova verniciatura dello scafo nel suo colore bordeaux originale, ma ho colto l’occasione di verniciare quella fascia sottobordo che mancava tipica del cantiere, probabilmente perché cancellata dal vecchio proprietario.
A me pare più elegante e grintosa e nell’insieme si esalta ancora di più la bellezza di questo scafo.
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Dopo questa barca ho avuto un lungo periodo di pausa.
Il periodo della fanciullezza era finito, avevo messo su famiglia ed ero preso dalla quotidianità del vivere.
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SANDOKAN
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. . . Quando volgevo lo sguardo verso la barca, non facevo altro che pensare alla mio primo Galetti e a quando ne avevo due.
Forse la mia era solo una scusa ed accarezzavo l’idea di trovare un altro scafo da comprare dello stesso cantiere.
A marzo del 2004, il giorno 11 nacque mia figlia Francesca e quindi mi inventai la giustificazione mentale che in futuro avrei voluto lasciare a mio figlio maggiore Tommaso in dono il MIAGOLA II sul quale avevamo tante volte veleggiato e regatato insieme, ma che altrettanto avrei voluto per mia figlia Francesca.
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Sinceramente gli esemplari di questi Galetti sono rari, difficili da trovare, ma il caso volle che a pochi metri da casa mia, precisamente a Sesto Fiorentino, un signore di nome Leonardo ne possedesse uno del 1976 uguale al mio.
Fissai un appuntamento domenica al suo circolo velico di Cecina. Arrivai puntuale al mattino, anche perché non vedevo l’ora di conoscere la barca.
Ci incamminammo verso un hangar umido e buio.
Un raggio di sole intenso squarciò l’ambiente quando le porte furono completamente spalancate e vidi tutta una fila di barche impilate una sull’altra.
Il Flying Junior era quasi in fondo sulla destra, terza fila in alto, lo avevo inquadrato subito, anche se coperto da un telo blu che però lasciava intravedere la fascia rossa sul fianco, tipica delle barche Galetti .
Leonardo mi domandò se volevo vederla da vicino.
Adesso dico una cosa che può sembrare folle: avevo la sensazione di aver trovato quello che volevo, mi piaceva senza neppure averla ancora vista da vicino ed ero sopraffatto da una sensazione mista, tra l’idea che fosse già mia e la possibilità ed il timore che Leonardo non volesse vendere la barca.
Per questo mi rivolsi a lui dicendo che avrei visto la barca solo se mi avesse dato parola di venderla.
Ebbene si, non potevo resistere all’idea di perderla. Mi disse un mezzo sì; “ ne parliamo da me a Sesto Fiorentino ” e così rimanemmo.
Salii sull’impalcatura fino alla terza fila in alto, sollevai il telo blu.
I segni del tempo c’erano ed anche l’odore inconfondibile della barca ferma da tempo.
Io avrei già voluto portare la barca a casa, come sentissi di non poterne farne a meno.
Ci incontrammo l’indomani , mi invitò nel suo ufficio, erano presenti il suo babbo e la sua mamma che dovevano convalidare la vendita.
Loro ponevano come condizione che la barca in futuro fosse in mani buone, di una persona che ne avesse avuto gran cura, che la mantenesse nel suo colore originale, che fosse mantenuto il nome della barca e che tornasse a fare regate.
Era il 27 settembre del 2004 e firmai la compravendita.
Non avevo tutti i soldi in quel momento ma finalmente, quando fui pronto, con un camioncino in prestito andai a ritirare “SANDOKAN” a fine novembre.
Portai la barca alla casa del mare in Versilia e subito la armai per vedere come si presentava.
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In primavera feci la verniciatura dello scafo mantenendo i colori originali, cambiai le scotte e feci qualche modifica ripristinando la barca nelle sue manovre originali, tranne il punto di scotta del fiocco che era diverso da come di solito lo posizionavano in cantiere.
Nell’estate del 2005 la usavo prevalentemente per fare dei piccoli giri al largo ed uno dei primissimi giorni, se non il primo, ho portato anche Francesca che era davvero piccola.
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Ero molto contento, la barca aveva l’aspetto vissuto anni’70 e sulla spiaggia in molti si fermavano ad ammirarla.
Poi durante la primavera del 2006 venne sostituita la coperta con un bel foglio nuovo di compensato marino in mogano fiammato.
La stagione successiva, causa il permanere della mancanza di barche e poche regate zonali per la classe FJ, ho iniziato come prodiere nella classe FD numero velico ITA 85.
Ho partecipato a diverse nazionali, ma soffrivo per dolori alla schiena stando al trapezio e spesso avevo trovato situazioni di vento forte che metteva a dura prova il mio fisico.
Il mio desiderio, dopo l’esperienza sul Flying Duchtman, era però quello di tornare al timone di SANDOKAN e così mi presentai nel Mugello, al lago di Bilancino con le vele nuove in occasione della prima regata nazionale in calendario.
Come prodiere avevo con me un ragazzo del loro circolo nautico .
Era il maggio 2007, avevo l’armo originale, il punto di scotta del fiocco lo avevo modificato e SANDOKAN era pronto per tornare sui campi di regata.
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Il vento non era troppo sostenuto, non mi dava pensiero ed il mio prodiere era ben preparato.
Gli avversari avevano tutti barche più recenti, alberi in alluminio da regata e regolazioni di ogni genere, quali lo spara-tangone per velocizzare le manovre con lo spinnaker.
Tra me e me dissi “ staremo a vedere, si fa la regata al meglio e poi ci si conta in classifica” .
Erano due giorni di regata e alla fine, virata dopo virata si arrivò terzi sul podio.
Una grande soddisfazione, il “legno”, nonostante i suoi 35 anni di vita , aveva fatto il suo mestiere.
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Da lì a breve entrai nel circuito delle regate nazionali e presi la decisione di ammodernare SANDOKAN con nuovo albero e boma in alluminio, montai il sistema spara-tangone, comprai un timone a pala fissa, montai dei paranchi per registrare le sartie, insomma lo armai come il suo fratello maggiore, il Flying Ducthman e lo trasformai completamente.
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MIAGOLA III
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Con SANDOKAN e il MIAGOLA II avevo, come si dice, le barche nel cassetto, due scafi stupendi proprio come volevo.
Dei miei tre fratelli, Francesco è senz’altro quello che ha più attitudine per la barca mentre Leonardo il più grande, ha iniziato con me a fare il prodiere.
Non mi dispiaceva l’idea che Francesco avesse una Flying Junior tutto suo.
Può darsi che abbia un sesto senso nel trovare l’impossibile, ma sta di fatto che nel maggio del 2008, la mia attenzione cadde su una inserzione di barche usate, tra le quali c’era in vendita un Galetti.
Ne parlai subito a mio fratello che mi parve inizialmente perplesso.
Se avessi potuto l’avrei comprata io per primo, ma era giusto cedere il passo ed a me non restava che convincere mio fratello a comprarla.
Conduco la prima trattativa per telefono: il tizio della barca era di Bellaria vicino Rimini e con fare sicuro al telefono mi sconsiglia di partire senza una somma adeguata in tasca.
Non avevamo neppure visto le foto della barca ma dalla sua descrizione si capiva che la stima che aveva fatto era distante dall’effettivo valore.
Alla fine si prese un appuntamento e con fuga dal lavoro si partì il venerdì mattina del 16 maggio del 2008, direzione Bellaria con rimorchio al traino.
Finalmente si arrivò sul posto e dopo le presentazioni andammo a vedere la barca.
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Io davanti ad un FLYING JUNIOR GLETTI mi emoziono sempre: era stato costruito nel 1975, scafo a doppio fondo colore rosso con fascia bianca.
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Lo stato di conservazione della coperta e del doppio fondo era tale da ritenere che per riportarla a nuovo occorresse anche l’aiuto di qualche artigiano del mestiere.
L’albero era annerito ma nell’insieme la barca c’era tutta, ovvero aveva tutte le parti originali di cantiere, quelle che contano cioè l’albero, il boma, il timone, il tangone e la deriva.
Io avevo già intravisto che poteva tornare ad essere più bella che mai, mentre Francesco era perplesso.
Intanto che mio fratello trattava il prezzo, io avevo già legato la barca sul rimorchio per portarla via.
La barca malconcia salutò per l’ultima volta il suo vecchio proprietario; Francesco aveva comprato ALESSANDRA, numero velico FJ ITA 3215.
La barca venne portata per un primo intervento da un artigiano che le cambiò subito aspetto.
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Poi nel garage sotto casa durante l’inverno sistemai il doppio fondo, verniciatura di albero, boma, timone e tutto quanto per riportare la barca all’armo originale come quando uscì di cantiere.
A primavera furono ordinate le nuove vele e finalmente venne messa in acqua al bagno Marzocco di Marina di Pietrasanta nell’agosto del 2009.
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Mio nipote Leonardo aveva desiderio di avere la barca per così dire più simile al MIAGOLA II e considerato che il nome Alessandra non gli era di gradimento, preparai la scritta bianca MIAGOLA III e così fu accontentato nel nome.
La prima uscita fu una vera emozione perché la barca era tornata un gioiello; coperta in mogano fiammato, lo scafo color champagne con fascia bianca.
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L’effetto visivo era stupendo, una barca “vintage” a tutti gli effetti e con l’occasione, a ricordo di quel giorno, misi in acqua il SANDOKAN con me al timone insieme a Francesca, mentre Leonardo era prodiere a bordo del MIAGOLA III con Francesco al timone.
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Così scattai alcune foto mentre le barche bordeggiavano con eleganza.
Immagino lo spettacolo visto dalla spiaggia.
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SCHEGGIA IL VAN DUSSELDORP
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Quando sembrava di essere a posto con le barche, mi capita di trovare in vendita un Flying Junior costruito nel 1973 dal cantiere olandese Van Dusseldorp, era il luglio 2012.
Il proprietario era un ragazzo tedesco che l’aveva comprata di seconda mano.
Quando vidi le foto della barca sulla mia mail, ne rimasi affascinato da come mi piaceva.
Questo cantiere Olandese costruiva gli scafi lo a faccia-vista in mogano , mentre gli interni sono in Okumé che è di un colore più chiaro; questa è proprio una loro caratteristica.
L’albero era da competizione e le vele un po’ vecchie.
Il desiderio di comprarla era più forte di me, ne parlai con entusiasmo ai miei fratelli e siccome quel ragazzo veniva in Italia per gli europei ad Arco sul lago di Garda, mi disse che se l’avessi comprata l’avrebbe portata in Italia .
Ma come potevo comprare una barca senza prima averla vista di persona ?
Andavo a sensazione, così, fissato il prezzo ed agganciato il rimorchio all’auto, partii per il Garda il 15 luglio del 2012.
Quando arrivai nel piazzale destinato al parcheggio dei rimorchi, la vidi subito.
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Il proprietario nel frattempo non era al circolo ma arrivò poco dopo.
Intanto avevo già sollevato il telo per dare una sbirciatina: bellissima, non curata, poca vernice, un parte della attrezzatura da sostituire, ma la barca era originale in tutte le sue componenti e per me questo valeva molto.
Mentre accarezzavo la barca, dal bottazzo una scheggia si infilò nella mia mano.
Con l’acquisto di questa barca, secondo me, avrei avuto tra le mani un pezzo di storia dei Flying Junior, in quanto il cantiere è sempre stato di alto prestigio.
La barca portava il numero velico GER 274 ed era anche stampigliato a fuoco sul doppio fondo al centro della barca, ma non aveva un nome.
Quando ho volturato la barca in Federazione Vela, mi è stato assegnato il numero velico ITA 3836, ( numero velico risultato errato in attesa di sostituzione ) mentre per il nome mi sono ispirato all’episodio accaduto sul Garda, cioè di quando, appena arrivato, nell’accarezzare il bottazzo della barca, una scheggia si infilò nella mia mano ; fu così che la chiamai “SCHEGGIA”.
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Nell’estate del 2012, durante le ferie, ho impegnato il tempo libero per sistemare la barca , così comprai dell’attrezzatura nuova e tutto il materiale occorrente perché fosse ben equipaggiata.
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Tra l’altro ho scoperto in seguito che la targhetta seriale della YURU affissa a poppa, riportava con mia sorpresa il numero 3.
Oggi la barca si presenta completamente riverniciata e con tutta l’attrezzatura di coperta sostituita. Ho fatto anche dei lavori di falegnameria interna e il risultato mi soddisfa.
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OBELIX e ASTERIX la coppia di FLYING JUNIOR GALETTI
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Nel Luglio del 2013 venni a sapere che un signore di Roma vendeva tre FLYING JUNIOR GALETTI a stock.
Telefonai incuriosito, le barche erano effettivamente tre ed acquistabili anche separatamente.
A seguito mi feci mandare alcune foto; una barca si vedeva bene che era stata ricondizionata, le altre due si presentavano un po’ male .
Mio fratello preso ormai anche lui dalla frenesia dei FLYING JUNIOR GALETTI vintage fece la sua parte nel trattare il prezzo al telefono ed alla fine si decise di comprarle.
L’idea era di sistemarne una ed usare l’altra per eventuali parti di ricambio .
Con l’approssimarsi delle ferie estive ci demmo appuntamento telefonico per settembre per definire l’acconto e il ritiro delle barche.
Giunti a settembre dovevamo riprendere contatto per le due barche di Bracciano, così a seguito dell’accordo telefonico inviammo un acconto ed accennammo una data per il ritiro entro la fine di ottobre.
In una successiva telefonata il proprietario mi confidò di avere dei problemi di salute e che appena si fosse ristabilito, ci avrebbe chiamato per andare a ritirare le barche.
Trascorse del tempo, non ci furono notizie e temevo per la salute di questo signore di nome Massimo.
A mio fratello spiegai la questione ed aggiunsi che ritenevo perso l’acconto; forse era meglio così visto che le barche non sapevamo neppure in che condizioni le avremmo trovate a distanza di tempo.
Ma Francesco recuperò l’indirizzo mail del proprietario e gli scrisse che restavamo in attesa di sue notizie.
A metà novembre, squillò il telefono: un suo amico ci comunicava che Massimo non c’era più.
Fu un attimo di smarrimento, non sapevamo cosa dire ma il signore al telefono ci disse che la volontà di Massimo era di vendere le barche per destinare il ricavato alle attività del suo circolo velico.
In una giornata piovosa si partì per il lago; nemmeno il tempo di vederle bene perché a causa pioggia che veniva dovemmo affrettarci per caricarle e legarle in tutta fretta.
Un pranzo veloce con l’architetto romano di nome Fabrizio, qualche parola in ricordo di Massimo che avevamo conosciuto solo al telefono e subito dopo prendemmo la strada del ritorno.
Portai le barche alla casa del mare perché volevo esaminare bene in che stato erano e cosa avevamo realmente comprato .
Una delle due era più malconcia al punto di dubitare di poterla recuperare , l’altra invece sembrava migliore.
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Purtroppo mi accorsi che mancava tutta la ferramenta completa del piano di coperta, pezzi originali di cantiere.
Portate le barche a Prato, iniziai a catalogare i pezzi ritrovati, quelli mancanti, le parti da ricostruire e così via.
Era già febbraio e le barche furono portate alla casa di collina fuori Prato dove avevamo uno spazio aperto agevole ed una tettoia per avere un po’ di riparo.
Iniziai a lavorare su OBELIX, la barca messa meglio.
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Pulizia del doppio fondo, rifacimento della coperta e dello specchio di poppa, verniciatura intera della barca, albero, boma, deriva , ricostruzione del timone ecc.
Ormai avevo fatto pratica e per ogni lavoro sentivo che me la potevo cavare da solo.
Poi in garage iniziai a posare la ferramenta delle manovre, sartie, fiocco, deriva, trasto randa ecc.. fino ad arrivare ad un buon punto ma tutto sembrava non terminare mai.
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Facevo continuamente la spola tra Viareggio e Carrara nei negozi di nautica dove abitualmente mi servo, c’era sempre qualcosa che mancava.
Nel frattempo Francesco mi disse che le barche non erano più di suo interesse ed aveva deciso di abbandonare il progetto di recupero.
Mi consigliò di tenerne una, dell’altra si sarebbero presi alcuni pezzi di ricambio e poi si sarebbe smaltita.
Io non potevo fare morire un Galetti già ferito e decisi di iniziare un parziale recupero per capire come e se si potesse procedere.
OBELIX era stato terminato a Luglio 2014, mentre ASTERIX nel dicembre dello stesso anno perché necessitava di maggiori interventi per i quali incontrai non poche difficoltà.
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Il 15 ottobre in una giornata che non posso dimenticare, portai OBELIX al mio club velico, l’ho armai e lo misi in acqua.
La barca ricominciò a veleggiare in mare sotto il vento teso con andatura di bolina, poi lasco e poppa.
Una bellezza, scafo bianco e fascia blu genziana facevano brillare ancora di più il mogano.
OBELIX scoprii poi che in realtà si chiamava in precedenza “MAGOO II “ anno di costruzione 1975 numero velico FJ ITA 3266 , ed era presso la Compagnia della Vela al Forte dei Marmi.
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Quindi poi finì a Figline Valdarno, in seguito a Bracciano ed infine ritornò a pochi metri da dove era stato cioè a Marina di Pietrasanta.
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ASTERIX, costruita nel 1974, numero velico FJ ITA 3176 era presso il Circolo Fraglia Vela a Desenzano ed è stata interamente recuperata e per la prima volta ha veleggiato nell’ estate 2015.
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Questi due scafi li ho mantenuti interamente così come erano in origine.
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Ma vorrei tornare al momento in cui misi in acqua Obelix.
Intanto un pensiero a Massimo che non ho mai conosciuto, ma che sono certo fosse appassionato quanto me di questi scafi costruiti da Galetti; voglio immaginare che dall’alto possa aver avvertito la mia stessa emozione quando ho stretto il vento tra le vele per la prima bolina e che sia rimasto contento del lavoro fatto.
Devo dire senza vergogna che per un attimo ho rivissuto quell’emozione che ebbi nel tenere il timone del mio primo FJ, mi sentivo un ragazzino come allora: questa volta ero al timone di una barca che avevo fatto rinascere e la sensazione era magica; la barca venne armata come lo era nel 1975, un salto indietro nel tempo, con i miei ricordi e con le tante emozioni vissute al timone.
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Forse non ho solo una semplice passione, ma qualcosa di più dentro di me, perché così come da ragazzo ho sentito forte il desiderio di avere il mio primo FLYING JUNIOR GALETTI, mi sono poi sempre rigenerato ogni volta che ho messo in acqua una di queste barche e fissato nella memoria la storia, le avventure, le regate, il passato e il presente di ognuna di loro.
Vorrei tanto che la vita di queste barche non finisse mai, per continuare la loro storia, per mettere il vento nelle vele e la prua verso l’orizzonte.

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Chi terrà la barra del timone tra le mani sentirà vibrare l’anima di ognuna di loro: le barche ti parlano, raccontano e daranno ancora tante emozioni.
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LA SCUOLA DI VELA
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Mario è stato il mio maestro, non ho avuto altra scuola di vela se non lui.
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Mi raccontava sempre di quando, in gioventù, aveva fatto il marinaio in marina, alla base militare di La Spezia, poi aveva preso il brevetto di bagnino per lavorare in estate, mentre in inverno eseguiva lavoretti in proprio come muratore e giardiniere.
Il mio babbo aveva bisogno di un uomo tuttofare per curare i propri interessi e fu così che Mario entrò a far parte della nostra famiglia anche come persona di fiducia.
Lui mi insegnò prima come si portava il Dinghy e poi il primo Flying Junior Alpa.
Oltre il Dinghy, se devo essere sincero, ho imparato anche grazie ad un modellino a vela.
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Infatti il mio babbo non so come, ne aveva uno; si trattava di un cutter ricavato da un unico tronco di legno scavato al suo interno e modellato a mano nelle sue linee d’acqua; era la barca giocattolo dei bambini viareggini negli anni ’50 e Mario mi raccontava di quando nel canale della Burlamacca, nel porto di Viareggio, venivano organizzate per gioco delle mini regate di questi modellini.

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Si metteva il timone a segno, si regolavano le vele e via pronti per la partenza.
Così nel vicino fosso Motrone che sfociava a pochi bagni dal nostro, mi divertivo a mandare questo modellino da un lato e dall’altro del fiume, provavo le diverse andature, perfezionavo il lasco, la bolina, la poppa, insomma stavo imparando in piccolo le andature che mi sarebbero servite poi nella pratica della vela.
Al fiume ci passavo le giornate e quando i bagnanti vedevano un ragazzino armeggiare con quel modellino, si fermavano incuriositi, tanto era insolito vedere un giocattolo del genere.
A volte provavo il mio cutter anche in mare dove faceva bella figura di se e dal pattino, insieme al babbo, lo si seguiva mentre veleggiava.
La barchetta era velocissima: addirittura capitò un giorno quando per un attimo ebbi paura di perderla in mare aperto, ma tutto finì bene e si riuscì a recuperarla.
Nel tempo il modellino, che ho sempre considerato la mia barca scuola, l’ho riparato, gli ho costruito un nuovo albero, il bompresso, l’ho verniciato e gli ho cucito le vele nuove tutto da solo.
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Poi arrivò il giorno in cui decisi di regalare la barchetta a mio figlio Tommaso, era l’estate del 1998.
Così come il babbo l’aveva data a me molto tempo prima, adesso avveniva un passaggio di testimone alla nuova generazione.
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Il resto l’ho imparato da solo nel tempo, con il modellino giocavo, imparavo e non vedevo l’ora di avere una barca tutta mia, appunto il mio primo FLYING JUNIOR GALETTI . . .
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Ma la storia prosegue . . . IL RADENTE
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Forse non ho solo una semplice passione, ma qualcosa di più dentro di me, perché così come da ragazzo ho sentito forte il desiderio di avere il mio primo scafo Galetti, mi sono poi sempre rigenerato ogni volta che ho messo in acqua una di queste barche e fissato nella memoria la storia, le avventure, le regate, il passato e il presente di ognuna di loro.
Vorrei tanto che la vita di queste barche non finisse mai, per continuare la loro storia, per mettere il vento nelle vele e la prua verso l’orizzonte.
Chi terrà la barra del timone tra le mani sentirà vibrare l’anima di ognuna di loro: le barche ti parlano, raccontano e daranno ancora tante emozioni.
Ultima arrivata, come molti ben sanno e’ ITA 3745 , costruzione Federico Radente, anno 1990.
Avevo visto questa barca nel maggio 2007 per la prima volta ed in occasione della regata di Bilancino conobbi il proprietario; rimasi affascinato dalla maestria con la quale l’artigiano aveva realizzato questo scafo.
Voglio ricordare che Federico Radente ha lavorato con Erasmo Silenzi nella costruzione dei mitici Flying Dutchman degli anni ’70.
Erano barche ricercate nei materiali di primissima scelta e curate nei dettagli.
Carlo Croce partecipò alle Olimpiadi di Montreal con il Flying Ducthman costruito proprio da loro.
All’interno dello scafo, Federico Radente ha lasciato scritta a lapis la data del giorno in cui iniziò la costruzione di questo scafo: il 17 novembre 1990.
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Nella sua vita ha realizzato circa 9 scafi e questo è uno di loro.
Un giorno il proprietario mi chiamò per dirmi che l’aveva messa in vendita: io lo ringrazio ancora oggi di aver scelto me per la passione e la cura che ripongo in queste barche.
Sapeva che non avrei mancato di rispetto alla barca e nemmeno all’artigiano che sapientemente l’aveva costruita; io ci tenevo molto e ancor di più oggi, per me questa barca è un pezzo importante della storia cantieristica Italiana per il prestigio e la storia di Federico Radente.
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Con questa barca, da me sistemata e riverniciata, ho potuto partecipare ai Mondiali di Portorose.
Sono stati giorni meravigliosi dove alla fine della ultima prova ho trattenuto il pianto e guardando il cielo ho mandato un saluto ai miei genitori chi mi hanno permesso di scoprire la vela, mi hanno seguito fin da piccolo, ma anche lasciato veleggiare da solo: così è iniziato il sogno più bello.
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Queste barche rappresentano una collezione degli scafi costruiti dagli anni ’70 e sono anche il frutto di una passione cresciuta in me, nata da bambino, quando pur di non remare sul mio piccolo canotto, montavo una sorta di velatura costruita con i sacchetti della spazzatura e canne di bambù, così da farmi spostare dal vento.
Quel vento che mi soffia sempre nel cuore mentre con un sorriso ricordo me stesso, il primo giorno su ognuna di queste barche.
Con questo piccolo racconto non si perderà la memoria storica di ognuna di loro, e chi non condividerà la mia passione nel veleggiare, potrà comunque emozionarsi con questa lettura e capire lo stretto legame che ho con le mie barche.
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Alla fine della storia però un dubbio mi viene: non so dire se sono stato proprio io per primo a cercare queste barche, o se queste hanno trovato me.
Forse tutto non è stato un caso, qualcosa nel mio destino probabilmente esisteva fin da piccolo e come per un bambino per me questa favola è stata la mia vera storia.
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Carlo
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LA FLOTTA FJ
MIAGOLA anno costruzione 1972 Cantiere Galetti Peschiera del Garda FJ ITA 2633
MIAGOLA II anno costruzione 1976 Cantiere Galetti Peschiera del Garda FJ ITA 3397
SANDOKAN anno costruzione 1976 Cantiere Galetti Peschiera del Garda FJ ITA 3361
MIAGOLA III anno costruzione 1975 Cantiere Galetti Peschiera del Garda FJ ITA 3215
SCHEGGIA anno costruzione 1973 Cantiere Van Dusseldorp Olanda FJ ITA 3836
OBELIX anno costruzione 1975 Cantiere Galetti Peschiera del Garda FJ ITA 3266
ASTERIX anno costruzione 1974 Cantiere Galetti Peschiera del Garda FJ ITA 3176
Felix The Cat anno costruzione 1990 Cantiere Radente Porto San Giorgio FJ ITA 3745
Grande storia complimenti. Il mio Galetti si chiamava Trastula numero velico 1586 rosso amaranto di colore per due volte è arrivato secondo ai campionati Italiani di Napoli e Piombino. La classe FJ è rimasta indelebile nel cuore
Buongiorno a tutti, sono stato per oltre un decennio regatante e proprietario di un Galetti del 72, scafo tipo 1. Ho tenuto la barca per questioni sentimentali, troppi ricordi, e nella speranza che qualche “erede” fosse preso dalla passione per la vela, ma ahimè, purtroppo non è successo e l’imbarcazione giace inutilizzata da tempo.
Vi scrivo per segnalare che sarei interessato a vendere il mio Galetti a qualche sincero appassionato.
La barca è configurata da gara, con albero, boma, tangone in alluminio, e timone in pezzo unico; le vele, purtroppo, sono datate come disegno e materiali. Tutte le attrezzature sono state regolarmente stazzate.
Attualmente è rimessata in un box di Torino, con tutta la sua attrezzatura.
Ulteriori dettagli li posso fornire a chi è interessato ad una trattativa.
Ciao , ce l’hai ancora ? Luca
Ciao, si certo.
Sono alla ricerca di un Fj Silenzi di nome Korak
Potete aiutarmi?
Chiedo venia per il refuso del nome Galetti con 2 elle ma sono abituato a corrispondere con un cliente di nome Galletti e il ricordo dell’invaso giallo con stampato cantiere Galetti Peschiera del Garda era un pò sbiadito. Voglio aggiungere che i FJ olandesi di cantieri famosi ( ricordo una barca a Loano in occasione della coppa Venilia la prima regata per ragazze) barche bellisime e perfette all’inverosimile non avevano il fascino e la personalità delle barche di Galetti in qualsiasi versione uscite dal cantiere a cominciare da 2 senza doppio fondo (disegno originale) che si chiamavano Favonius e Pivello erano della Fraglia di Desenzano i numeri velici attorno al 200 più o meno. Ancora complimenti per i fantastici restauri
giorgio franchi
Ciao GIORGIO FRANCHI,
Pensa che l’FJ ITA35 costruito da Morri e Parra è ancora in fiera attività e partecipa spesso al circuito nazionale FJ.
Inserisco questo commento per conto di GIORGIO FRANCHI
Commento:
E’ una storia bellissima quasi commovente di amore per il mare e per queste meravigliose barche. Io ho avuto la fortuna e il privilegio di regatare per quattro stagioni con un FJ Galletti I-1790. Si chiamava Sea Horse ed era bellissima, una delle rare costruzioni di Galletti tirate a legno, era anche alquanto performante anche se non era proprio all’altezza di barche come il mitico 1065 di Ettore Santarelli, che ho conosciuto da ragazzino, in quanto ravennate come me e socio del CVR.Poi lui si trasferì dapprima a Gardone e successivamente a Desenzano dove si mise a fare il velaio di successo. A quei tempi l’80% dei FJ buoni erano invelati Santarelli.Quando dai FJ arancioni dei corsi Olimpia misi piede sul Galletti mi sembrò di essere sbarcato su di un altro pianeta !! Purtroppo la barca non era mia ma del circolo per cui ne ho perso le tracce; seppi che era stata venduta per poche centinaia di migliaia di lire, avendolo saputo prima l’avrei comprata.Mi è rimasta qualche foto in bianco e nero.
Devo aggiungere per chi è appassionato di questi piccoli capolavori, che nel nostro circolo c’era ancor prima dell’arrivo dei primi FJ arancioni dei corsi olimpia , un FJ costruito da Morri e Para di rimini con la coperta come disegnata in origine da Van Essen con la deriva a baionetta, numero internazionale 250 poi I-35 Era una costruzione perfetta rigidissima e pesata eccedeva la stazza di 200gr. Complimenti ancora per le vostre barche che dalle foto mi sembrano ancora più belle che da nuove.
GIORGIO FRANCHI Ravenna
Che Bella Storia
Complimenti!
all’epoca anche io facevo regate con gli FJ.
Il primo fu “Hoki Toki I-1648 (uno dei pochi Galetti con la deriva a baionetta).
Il secondo fu “ZOT” I-3371 poi ribattezzato dal successivo armatore “Archiabò II”
Chi sa se ci siamo mai incontrati su qualche campo di regata?
Auguri e ancora complimenti
Marco
Ciao Marco
ZOT Non ha mai cambiato NOME
Credo di averci lasciato i ricordi piu belli della mia adolescenza !!!!!!
Neanche dopo di me
Gabriele
Ciao Marco, Gabriele e Carlo,
anzitutto complimenti al mio omonimo Carlo per la storia bella ed affascinante.
Sono stato prodiere dei 2 Galetti di Marco, sia Hoki Toki che Zot, sempre negli anni ’70.
Tra le altre regate, vincemmo ben 2 Coppe Ceriana a Porto Recanati, una con ognuna delle 2 barche.
Mitica la prima, con la barca già “vintage”, contro una flotta agguerrita di barche ben più nuove.
Dello Zot, ricordo con simpatia e molta nostalgia i viaggi a Peschiera per seguire la costruzione della barca proprio nel Cantiere Galetti.
Noi ancora minorenni e ci portava in macchina il caro padre di Marco.
Con lo Zot arrivammo pure quinti alle regate nazionali sul Lago di Garda
Ed erano anni in cui il FJ erano ancora barche molto competitive.
Primeggiavano ragazzi (di allora) che ancora solcano con successo la scena delle recenti competizioni veliche di livello anche internazionale (qualcuno persino in Coppa America) e molti rimasti a lavorare nel settore velico-nautico (come velai, costruttori, ecc.).
A Gabriele chiedo se lo Zot sta ancora nel nostro circolo storico?
Buona Pasqua e buon vento a tutti,
Carlo
bellissime ba rche le aveva costruite pure un operaio di Erasmo Silenzi,tale Pallotta.Erano molto simili ai Van Dusseldorph olandesi.Purtroppo ne ha fatti pochissimi esemplari.
Salve,
sono Giovanni Arrivabene, di desenzano, ma vivo a Pisa.
Sono il primo armatore di Asterix I-3176 (forse ho ancora una randa e spi originali)
Mi è venuto un colpo quando ho letto che il numero velico e che era propio lui !!
Ci ho fatto i campinati italiano a Napoli nel 1975 (avevo 13 anni) con mia sorella.
Dove siete con le barche ?
Verrei volentieri a trovarvi,
grazie
Giovanni